11. Sequenza

XI – SEQUENZA

In alcune solennità si aggiunge all’Alleluia o al Tratto la cosiddetta “Sequenza”, Sequentia. Essa fu aggiunta al canto della Messa in un’epoca ben posteriore a san Gregorio, probabilmente verso il secolo IX.
Prese il nome di Sequentia, cioè “seguito”, perché consisteva inizialmente in un testo che si adattava alle note melodiche che seguivano la parola Alleluia e che si chiamava già Sequentia, prima ancora dell’invenzione della Sequenza. Si chiama anche prosa, perché in origine non rassomigliava né agli inni misurati, dei quali si trovano modelli presso gli antichi, né ai ritmi regolarmente cadenzati, comparsi più tardi. Era un vero pezzo di prosa che si cantava con semplicità – come abbiamo detto -, per rivestire di parole il neuma dell’Alleluia. A poco a poco il suo genere si avvicinò a quello degl’inni.
La Sequenza serviva, così, a dare maggior rilievo alla solennità degli Uffici e, mentre si cantava, si suonavano le campane e l’organo. Se ne fecero per tutte le feste ed anche per le domeniche dell’Avvento.
Nella riforma del Messale Romano, avvenuta con san Pio V, quattro di esse solamente sono state conservate: il Victimae Paschali, la più antica di tutte e modello di prosa, il Veni Sancte Spiritus, il Lauda Sion e il Dies iras. Più tardi vi si aggiunse lo Stabat Mater. Il Messale monastico dei benedettini contiene anche il Laeta dies, per la festa del gran patriarca san Benedetto, composizione che risale al secolo XVI.

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