15. Seconda incensazione (Messa solenne)

XV – SECONDA INCENSAZIONE

Abbiamo già detto che l’altare rappresenta Nostro Signore, e questo spiega l’onore con cui è trattato. Il resto della Chiesa rappresenta i membri del Corpo Mistico di cui Gesù Cristo è il Capo, cioè i fedeli, i quali – riuniti – compongono la santa Chiesa, la sposa dell’Agnello. Quando il sacerdote è salito all’altare per dar inizio al Sacrificio, lo ha incensato in tutte le direzioni, rendendo così omaggio a Nostro Signore. Ora questa cerimonia si ripete. Come i re dell’Oriente deposero ai piedi del divin Infante i tre doni dei quali fa menzione il Vangelo, così il sacerdote offre l’incenso in onore del suo Signore e Re.
Ma un’altra cerimonia deve precedere l’incensazione dell’altare. Il pane e il vino offerti dal sacerdote, in virtù di quest’offerta, han cessato d’appartener all’ordine delle cose comuni e usuali, cosicché, se il sacerdote morisse a questo punto della funzione, quel pane e quel vino dovrebbero essere gettati nel sacrario. Al fine d’esprimer il suo rispetto per tali doni, la santa Chiesa li profuma con l’incenso, come fa per Cristo stesso, rappresentato dall’altare.
L’uso dei profumi nelle cerimonie della Chiesa ha avuto origine in Oriente, dove si trovano in grande abbondanza, al contrario di quel che accade nei nostri paesi freddi dove scarseggiano enormemente. Ad ogni modo, la Chiesa non vuoi che nelle sue cerimonie siano del tutto esclusi, e per questo prescrive l’uso almeno dell’incenso, come pure per preparar il santo Crisma, prescrive d’aggiunger il balsamo all’olio.
Dopo l’incensazione del pane e del vino, incensatio super oblata, “l’incensazione sulle cose offerte”, ha luogo la seconda incensazione dell’altare. Ma prima l’incenso deve essere benedetto, e il sacerdote lo fa con la preghiera: Per intercessionem beati Michaelis Archangeli, stantis a dextris altaris incensi…. Come si vede, non si fa qui menzione dell’angelo che nell’Apocalisse tiene il turibolo d’oro, ma di san Michele, principe della milizia celeste. Alcuni hanno creduto che vi sia qui un errore, perché è l’angelo Gabriele che, in san Luca (1,19) appare alla destra dell’altare, ma la Chiesa non ha tenuto conto dei loro reclami. San Luca, infatti, non dice che l’angelo Gabriele tiene in mano il turibolo d’oro.
La prima benedizione dell’incenso è stata meno solenne, poiché il sacerdote si è limitato a dire: Ab ilio benedicaris, in cujus honore cremaberis, “ti benedica Colui in onore del quale sarai bruciato”. In questa seconda benedizione sono invocati gli Angeli perché il mistero dell’incenso non rappresenta altro che la preghiera dei Santi presentata a Dio dagli Angeli, come dice san Giovanni nell’Apocalisse (8,4): Et ascendit fumus incensorum de orationibus sanctorum de manu angeli coram Deo, “E dalla mano dell’Angelo il fumo degli aromi ascende con la preghiera dei santi davanti a Dio”.
Il sacerdote incensa il pane e il vino in modo che l’odore dell’incenso profumi e avvolga le cose offerte; mentre fa l’incensazione, dice queste parole: Incensum istud, a te benedictum, ascendat ad te, Domine: et descendat super nos misericordia tua, “che questo incenso, da te benedetto, salga a te, Signore, e la tua misericordia discenda su di noi”. Questa preghiera, che è una lode a Dio, è anche una petizione che formuliamo per noi medesimi.
La rubrica ordina al sacerdote che divida le parole adattandole a ciascun movimento del turibolo. Quando il sacerdote ha fatto la prima incensazione dell’altare, non ha detto alcuna orazione. Ora la Chiesa gli fa recitar una parte del salmo 140, scelto a causa delle prime parole che pone sulle labbra del sacerdote: Dirigatur, Domine, oratio mea, sicut incensum, in conspectu tuo, “la mia preghiera, Signore, s’innalzi come incenso alla tua presenza”. La Chiesa cerca sempre tra i Salmi, le Epistole o i Vangeli ciò che più si adatta alle circostanze.
Il sacerdote comincia con l’incensare la Croce o il Santissimo Sacramento, se è esposto (12). Quindi s’inchina davanti alla croce o fa la genuflessione se c’è il Santissimo Sacramento. Se vi fossero reliquie esposte, le incensa due volte partendo dal lato del Vangelo, per passare poi a quello dell’Epistola: quindi incensa tutte le parti dell’altare. Quest’incensazione non differisce dalla prima che si è fatta all’inizio della Messa né da quella che si fa alle Lodi e al Vespro
Il sacerdote, rendendo il turibolo al diacono, gli rivolge un augurio che fa ugualmente a se medesimo, dicendo: Accendat in nobis Dominus ignem sui amoris, et flammam seternae caritatis, “che il Signore accenda in noi il fuoco del suo amore e la fiamma della carità eterna”. Il diacono, ricevendo il turibolo, bacia la mano del sacerdote e poi la parte superiore delle catene: è il contrario di quello che fa presentandoglielo. Tutti questi usi sono orientali e la liturgia li conserva perché sono dimostrazioni di rispetto e riverenza.
Il diacono incensa poi il sacerdote che si mette sul lato dell’altare, ma, se è esposto il Santissimo Sacramento, il sacerdote discende dall’altare e, voltandosi verso il popolo, riceve l’incensazione dal diacono. Poi s’incensa il coro, cominciando dal vescovo, se è presente, i prelati se ve ne sono, i sacerdoti, i chierici e, infine, tutti i fedeli, per mostrare che essi formano l’unico Corpo di cui Gesù Cristo è il Capo. Tutti, tanto il vescovo che i sacerdoti e i fedeli, devono alzarsi per ricevere l’incensazione: solamente il Papa non si alza quando viene incensato.

NOTE

12) II Rito tridentino prevede la celebrazione della Messa davanti al SS.mo Sacramento esposto. Attualmente si può celebrare «solo in caso di necessità o grave causa o per indulto, anche se il SS.mo Sacramento fosse velato o esposto solo con la pisside. La Messa solenne è permessa nella festa e durante l’ottavario del Corpus Domini e alle Quarantore, ma solo per l’esposizione e la reposizione del SS.mo Sacramento»: L. TRIMELONI, Compendio di Liturgia pratica (3a ed.), Milano 2007, p. 413.

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