La santità del sacerdote secondo San Tommaso

Quanto maggior somiglianza con Cristo i fedeli riscontreranno nei sacerdoti, tanto più facilmente si lasceranno guidare da loro. E, pertanto, più efficace sarà il loro ministero.

di Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP

Considerando in profondità l’essenza dell’ordinazione sacerdotale e dello stesso ministero sacro, San Tommaso ci insegna che il presbitero deve tendere alla perfezione ancora di più rispetto a un religioso o una suora. Per comprendere questo insegnamento, basta infatti tenere ben presente l’alto grado di santità che la Celebrazione Eucaristica e la santificazione delle anime richiedono da un ministro,1 come ci esorta il Divino Maestro: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo” (Mt 5, 13-14a).

Tenuto conto di questa enorme responsabilità, si comprende il motivo per il quale non pochi santi hanno avuto timore dell’ordinazione sacerdotale. E’ una questione di scottante attualità, perché il maggiore o minore successo del suo ministero a favore dei fedeli può dipendere, in particolare, dal sacerdote stesso. Sappiamo che i Sacramenti operano con efficacia per il potere di Cristo, producendo la grazia di per sè.

Tuttavia, la loro profondità sarà maggiore o minore a seconda delle disposizioni interiori di chi li riceve. E qui entra in gioco un elemento soggettivo, nel quale ha un importante ruolo l’azione pastorale del ministro ordinato, poiché la sua virtù, il suo fervore, il suo impegno a predicare il Vangelo, in definitiva, la santità della sua vita – che è, a sua volta, una forma eccellente ed insostituibile di predicazione -, possono influenzare i fedeli a ricevere i Sacramenti con migliore disposizione, beneficiandosi maggiormente dei loro frutti.

Sarà questo il fattore più rilevante per il buon adempimento del ministero sacerdotale? A tal proposito, nella Lettera per la Proclamazione dell’Anno Sacerdotale, del 16 giugno scorso, Papa Benedetto XVI evidenzia che il sacerdote deve apprendere da San Giovanni Maria Vianney “la sua totale identificazione col proprio ministero”. Ecco perché il Santo Padre vuole, in questo tempo, “favorire la tensione dei sacerdoti verso la perfezione spirituale da cui dipende, principalmente, l’efficacia del loro ministero”.2

È questo punto – di massima importanza per la vita della Chiesa, specialmente per la missione di annunciare il Vangelo e santificare i fedeli – che verrà qui sviluppato: la relazione tra efficacia del ministero sacerdotale e santità personale di coloro che lo esercitano. Si ricorrerà innanzitutto al perenne insegnamento di San Tommaso d’Aquino.

La santità del sacerdote, una esigenza

Fin dall’Antica Legge, la persona del sacerdote è stata circondata da una dignità che richiede una vita esemplare. Così, nel Libro del Levitico, troviamo un doppio appello alla santità. Da una parte, su ordine di Dio, Mosè esorta il popolo di Israele a cercare la perfezione: “Parla a tutta la comunità degli Israeliti e ordina loro: Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo” (Lv 19, 1). Ai sacerdoti la santità è richiesta con più ragione, perché sono loro che offrono sacrifici, giocando il ruolo di intermediari tra Dio e il popolo.

Presentarsi macchiato dal peccato davanti all’Altissimo, per esercitare il munus sacerdotale, sarebbe un affronto al Creatore. “I sacerdoti […] saranno santi per il loro Dio e non profaneranno il nome del loro Dio, perché offrono al Signore sacrifici consumati dal fuoco, pane del loro Dio; perciò saranno santi” (Lv 21, 5-6).

Dal momento che l’Antico Testamento è prefigurazione del Nuovo, si comprende la necessità che, nella Nuova Alleanza, la santità raggiunga un grado maggiore. Questo si riflette nella teologia tomista, che ci presenta il ministro ordinato come elevato ad una dignità regale, nel mezzo di altri fedeli di Cristo, poiché rappresenta e, in diverse occasioni, agisce in persona Christi. Impossibile, pertanto, immaginare un titolo più alto. Essendo poi chiamato ad essere mediatore tra Dio e gli uomini, oltre che guida di costoro per le cose divine, egli deve necessariamente essere superiore a loro in santità, anche se tutti i battezzati sono chiamati alla perfezione.

Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, nella sua opera La Selva, basandosi sull’autorità di San Tommaso, delinea la figura del sacerdote come colui che, per il suo ministero, supera in dignità gli stessi Angeli e, per questo è costretto ad una maggiore santità, dato il loro potere sul Corpo di Cristo. Da qui, conclude il fondatore dei Redentoristi, la necessità di una dedizione integrale del sacerdote alla gloria di Dio, in modo tale che brilli agli occhi del Signore, in virtù della sua buona coscienza e agli occhi del popolo per la sua buona reputazione.3

A questo proposito ancora, la dottrina tomista ricorda la necessità che i ministri del Signore abbiano una vita santa: “In omnibus ordinibus requiritur sanctitas vitæ”.4 Devono, pertanto, soprattutto loro, essere il più possibile simili allo stesso Dio: “Siate perfetti così come il vostro Padre Celeste è perfetto” (Mt 5, 48). Sono note le invettive di Nostro Signore contro gli scribi e i farisei.

Ciò che Gesù recriminava a questi uomini, che tanto conoscevano la Legge, era proprio il fatto di non vivere quello che insegnavano. Pretendendo di apparire agli occhi degli altri come illustri esecutori dei precetti mosaici, non avevano una retta intenzione, né vero amore per Dio. I loro riti esteriori non erano accompagnati dalla compunzione di cuore. Affinché i sacerdoti della Nuova Alleanza, non cadano nello stesso difetto, è opportuno ricordare il commento alle Sentenze di Pietro Lombardo, in cui San Tommaso afferma: “Coloro che si dedicano ai ministeri divini ottengono una dignità regale e devono essere perfetti nella virtù, come si legge nel Pontificale”.5

È per questo che nell’omelia suggerita nel rito di ordinazione sacerdotale è inclusa questa toccante esortazione: “Prendi coscienza di quello che fai, e metti in pratica ciò che celebri, in modo che, nel celebrare il mistero della Morte e Risurrezione del Signore, farai ogni sforzo per mortificare il tuo corpo, fuggendo i vizi, per vivere una nuova vita”.6 L’amore ha portato il Signore Gesù a offrire la propria vita in olocausto sulla Croce, per la redenzione dell’umanità.

Anche coloro che sono chiamati ad essere mediatori tra Dio e gli uomini, devono esercitare il loro ministero per amore, come insegna l’Aquinate. Il sacerdote, quindi, è chiamato ad un grado di santità speciale: “Dall’Ordine sacro, il chierico è consacrato ai ministeri più degni che esistono, nei quali egli serve Cristo nel Sacramento dell’altare, il che richiede una santità interiore maggiore di quella richiesta nello stato religioso”.7

Il sacerdote è un modello per i fedeli

Essendo visto dai fedeli come una persona scelta da Dio a guidarli, il ministro ordinato deve essere sempre esempio illustre di virtù, come raccomanda l’Apostolo al suo discepolo Tito: “Mostrati in tutto modello di buona condotta: per la purezza di dottrina, dignità, linguaggio sano e irreprensibile, perché il nostro avversario resti confuso, non avendo nulla di male da dire sul conto nostro.” (Tt 2, 7-8).

Infatti, un comportamento irreprensibile, infiammato dalla carità, che dà testimonianza della bellezza della Chiesa e della verità del messaggio evangelico, parlerà molto più profondamente ed efficacemente alle anime che il più logico ed eloquente dei discorsi: “La gloria del maestro è la vita virtuosa del discepolo, come la salute dell’infermo ridonda a lode del medico. […] Se presentiamo le nostre buone opere, sarà lodata la dottrina di Cristo”.8 Cristo è il vero modello del ministro consacrato.

È in Lui che il sacerdote deve configurarsi, non solo per il carattere sacramentale, ma anche per l’imitazione delle sue perfezioni, in modo che in lui i fedeli possano vedere un altro Cristo. Solo allora questi si sentiranno attratti dal buon esempio del loro pastore e guida. Data la natura sociale dell’uomo, la buona reputazione derivante dalla pratica della virtù conduce gli altri all’imitazione. Così, quanto più somiglianti a Cristo i fedeli troveranno i ministri di Dio, tanto più facilmente, essi si lasceranno guidare da loro. Pertanto, più efficace sarà il loro ministero.

La sacralità del sacerdote

Un elemento connesso al buon esempio è la proporzionata rispettabilità di cui deve circondarsi il ministro di Dio – non solo per il comportamento inattaccabile, ma anche per la postura, per il modo di essere e per l’abito – in modo che le sue azioni esercitino più influenza nell’anima dei fedeli. Infatti, anche ai nostri giorni, l’esperienza quotidiana ci mostra come è impressionante l’ammirazione che si porta al religioso o sacerdote che si presenta come tale.

Questa rispettabilità, che ad alcuni può sembrare artificialità, si rivela essere un prezioso aiuto al ministro stesso, perché contribuisce a tener sempre presente la grande dignità di cui è stato investito, che ha impresso carattere nella sua anima, per tutta l’eternità, oltre ad essere, allo stesso tempo, una salutare protezione contro le innumerevoli seduzioni del mondo.

La Santa Messa, fonte della santità sacerdotale

In questo Anno Sacerdotale, iniziato in occasione dei 150 anni della morte del Santo Curato d’Ars, modello di sacerdote, viene a proposito ricordare la sua radicata e ardente devozione alla Santa Messa: “Se conoscessimo il valore della Messa, moriremmo. Per celebrarla degnamente, il sacerdote dovrebbe essere santo. Quando saremo in Cielo, allora vedremo che cos’è la Messa, e come tante volte la celebriamo senza la debita reverenza, adorazione, raccoglimento”.9

Nel decreto Presbyterorum ordinis, il Concilio Vaticano II, in perfetta armonia con la dottrina tomista, riassume mirabilmente la centralità dell’Eucaristia nella vita spirituale del sacerdote, come suo principale mezzo di santificazione.

Ricorda, in seguito, che è attraverso il ministero ordinato che il sacrificio spirituale dei fedeli si consuma in perfetta unione con il sacrificio di Cristo, offerto nell’Eucaristia in modo incruento e sacramentale. Afferma inoltre che “a questo tende e in questo si consuma il ministero dei presbiteri. Infatti, il loro ministero, che inizia con la predicazione del Vangelo, prende dal sacrificio di Cristo la loro forza e la loro virtù”.10 Il che equivale a dire che il sacerdote vive per la Celebrazione Eucaristica ed è da questa che deve acquistare la forza per progredire nella pratica della virtù.

Garrigou-Lagrange sintetizza con precisione questa dottrina: “Il sacerdote deve considerarsi ordinato principalmente per offrire il Sacrificio della Messa. Nella sua vita, questo Sacrificio è più importante dello studio e delle opere esteriori di apostolato. Infatti, il suo studio deve essere indirizzato alla conoscenza sempre più approfondita del mistero di Cristo, sommo Sacerdote e il suo apostolato deve derivare dall’unione con Cristo, Sacerdote principale”.11 Royo Marín, commentando l’esortazione del Pontificale Romano, fatta dal Vescovo agli ordinandi, afferma con enfasi che la Santa Messa è “la funzione più alta e augusta del sacerdote di Cristo”.12

E, conoscitore delle molteplici occupazioni pastorali di un sacerdote, che possono facilmente distrarlo dal fulcro della sua vocazione di mediatore tra Dio e gli uomini, rafforza la stessa idea, subito dopo, con accese parole di zelo sacerdotale: “Si è un sacerdote in primo luogo e soprattutto, per glorificare Dio mediante l’offerta del Santo Sacrificio della Messa”.13 Benedetto XVI, trattando della vocazione e spiritualità sacerdotali, sotto una prospettiva pastorale, afferma: “La Celebrazione Eucaristica è il grande e nobile atto di preghiera e costituisce il centro e la fonte dal quale anche le altre forme di preghiera ricevono la “linfa”: la Liturgia delle Ore, l’adorazione eucaristica, la lectio divina, il santo Rosario, la meditazione”.14

L’efficacia del ministero sacerdotale

Come abbiamo visto in precedenza, la santità di vita del sacerdote, come esempio per i fedeli di Cristo, è un potente elemento per condurli alla perfezione. Bene sottolinea Mons. Chautard che a un sacerdote santo corrisponde un popolo fervente; a un sacerdote zelante, un popolo devoto; a un sacerdote pio, un popolo onesto; a un sacerdote onesto, un popolo malvagio.15 Grande è, dunque, il ruolo della virtù del ministro, per il successo del suo ministero.

Per quanto riguarda l’applicazione del valore della Santa Messa, con finalità propiziatoria, si può parlare della sua efficacia soggettiva, dipendente dalle disposizioni di chi la celebra e di coloro ai quali essa si applica, come spiega San Tommaso: “Sebbene l’offerta dell’Eucaristia, per la sua stessa grandezza basti alla soddisfazione di ogni pena, tuttavia ha valore di soddisfazione per coloro per cui viene offerta, o per coloro che la offrono, secondo la misura della loro devozione, e non di tutta la pena loro dovuta”.16

Su questo passo del Dottore Angelico, Albert Raulin commenta così: “Sarebbe una perniciosa illusione credere che l’offerente sia esonerato dal fervore con il pretesto che Cristo, offrendoSi nella Messa, ha soddisfatto pienamente per tutti i peccati del mondo”.17 Di fronte a questa realtà, il sacerdote ha due grandi doveri uno verso se stesso e l’altro verso il popolo, poiché entrambi traggono beneficio dai frutti della Santa Messa, specialmente il celebrante, conforme il grado di fervore o devozione.18

In questo modo, egli corrisponderà all’altissima dignità del suo ministero, come diceva il Santo Curato d’Ars: “Senza il sacramento dell’Ordine, non avremmo il Signore. Chi Lo ha collocato lì in quel tabernacolo? Il sacerdote. Chi ha accolto la tua anima nel primo momento dell’ingresso nella vita? Il sacerdote. Chi la nutre per darle la forza di realizzare il suo pellegrinaggio? Il sacerdote.

Chi ha da prepararla a comparire davanti a Dio, lavandola per l’ultima volta nel sangue di Gesù Cristo? Il sacerdote, sempre il sacerdote. E se quest’anima arriva a morire [col peccato], chi la resusciterà, chi le restituirà la serenità e la pace? Ancora il sacerdote. […] Dopo Dio, il sacerdote è tutto! […] Lui stesso non si comprenderà bene da se stesso, se non in Cielo”.19

La voce della Cattedra di Pietro

Giunti al termine di questo lavoro, invece di ricapitolare l’argomento trattato, come sarebbe di prammatica nel migliore stile accademico, ci sembra filiale verso la Cattedra di Pietro ricordare qui, a titolo di conclusione, alcuni punti importanti di documenti recenti del Magistero Pontificio sul sacerdozio. Non smette di commuovere come, nella sua ultima Lettera ai Sacerdoti, nel 2005, Papa Giovanni Paolo II abbia voluto centrare questo documento sulle parole della Consacrazione, quasi a voler sottolineare che l’apice della sua vita sacerdotale si stava avvicinando, con l’offerta del suo stesso sacrificio, con il dono totale della vita unita al sacrificio di Cristo.

Offerta raccomandata dall’attuale pontefice nella Lettera per la Proclamazione dell’Anno Sacerdotale, citando queste parole del Santo Curato d’Ars, “Come fa bene un sacerdote offrendosi in sacrificio a Dio, tutte le mattine!”. Infatti, Giovanni Paolo II iniziava la sua ultima Lettera ricordando che “se tutta la Chiesa vive dell’Eucaristia, l’esistenza sacerdotale deve a titolo speciale assumere ‘forma eucaristica’”.20

È essenziale che il sacerdote, per salvare coloro che gli sono affidati, offra il proprio sacrificio, unito a quello di Cristo, ad esempio di San Paolo: “Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1, 24). È in questa maniera che le parole della Consacrazione si trasformano in “formula di vita”, secondo l’esempio dato dal Servo di Dio Giovanni Paolo II.

Insegnamento questo ricordato anche dal suo successore, Benedetto XVI: “Le anime costano il Sangue di Cristo e il sacerdote non può dedicarsi alla sua salvezza se si rifiuta di contribuire con la sua parte per l’ ‘alto prezzo’ della Redenzione”.21 Non possiamo, infine, non evocare il ruolo insostituibile della Madre di Dio nella vita sacerdotale. “Chi può, meglio di Maria, farci assaporare la grandezza del mistero eucaristico? Nessuno può, come Lei, insegnarci con quanto fervore dobbiamo celebrare i santi Misteri e trattenerci in compagnia di suo Figlio, nascosto sotto le specie dell’Eucaristia”.22

Ci insegna ancora questo Papa così mariano, quale è stato Giovanni Paolo II, nella sua Enciclica Ecclesia de Eucaristia: “Nel ‘memoriale’ del Calvario, è presente quanto Cristo ha realizzato nella sua Passione e Morte. Per questo, non può mancare ciò che Cristo ha fatto per sua Madre a nostro favore. Infatti, Le ha consegnato il discepolo prediletto e, con lui, ognuno di noi: ‘Ecco qui Tuo figlio.

Allo stesso modo dice anche ad ognuno di noi: ‘Ecco la tua madre'” (cfr. Gv 19, 26-27). In quest’Anno Sacerdotale, cerchiamo specialmente di stare uniti al sacrificio di Cristo con lo spirito di Maria, Egli che ha fatto di tutta la sua esistenza una Eucaristia anticipata, preparandoSi giorno per giorno alla Sua consegna suprema sul Calvario.

(Passi dello studio preparato per la Pontificia Congregazione per il Clero, in occasione dell’Anno Sacerdotale – Testo integrale in www.annussacerdotalis.org, sezione “Studi”)

1 Cf. GARRIGOU-LAGRANGE, OP, Réginald.
De Sanctificatione sacerdotum, secundum nostri temporis exigentias.
Roma: Marietti, 1946, pagg.66-67.
2 BENEDETTO XVI. Discorso alla Congregazione per il Clero, 16/03/2009.
3 Cf. SANTO AFONSO MARIA DE LIGÓRIO.
A Selva. Porto: Fonseca, 1928, pag.6. L’Autore rimanda ai seguenti punti delle opere di San Tommaso: Summa Theologiæ, III, q.22, a.1, ad.1; Super Heb. c.5, lec. 1; Summa Theologiæ, II-II, q.184, a.8; Summa Theologiæ, Supl. q.36, a.1.
4 SANCTUS THOMAS AQUINAS, Summa Theologiæ, Supl. q.36, a.1.
5 SANCTUS THOMAS AQUINAS. IV Sent.
d.24, q.2.
6 PONTIFICAL ROMANO.
Rito de Ordenação de Diáconos, Presbíteros e Bispos, n. 123.
São Paulo: Paulus, 2004.
7 SANCTUS THOMAS AQUINAS, Summa Theologiae, II-II, q.184, a.8., Resp.
8 Super Tit. c.2, lec.2.
9 Apud GARRIGOU-LAGRANGE, OP, Réginald.
De unione sacerdotis cum Christo sacerdote et victima. Roma: Marietti, 1948, pag. 42.
10 Presbyterorum ordinis, n.12.
11 GARRIGOU-LAGRANGE, OP, op. cit., pag.38.
12 ROYO MARÍN, OP, Antonio. Teología de la Perfección Cristiana.
Madrid: BAC, 2001, pag.848.
13 Idem, ibidem.
14 BENEDETTO XVI.
Omelia nella Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, 3/5/2009.
15 Cf. CHAUTARD, OCSO, Jean-Baptiste. A Alma de todo o apostolado.
Porto: Civilização, 2001, pagg.34-35.
16 SANCTUS THOMAS AQUINAS, Summa Theologiæ, III, q.79, a.5, Resp.
17 In: SÃO TOMÁS DE AQUINO. Suma Teológica.
São Paulo: Loyola, 2006, v.IX, pag.358. 18 Cf. ROYO MARÍN, OP, Antonio. Teología Moral para Seglares. Madrid: BAC, 1994, v.II, pag.158.
19 Parole di San Giovanni Maria Vianney, citate dal Papa Benedetto XVI nella Lettera per la Proclamazione dell’Anno Sacerdotale, del 16/6/2009.
20 GIOVANNI PAOLO II.
Lettera ai Sacerdoti, n.1, 13/05/2005.
21 BENEDETTO XVI. Lettera per la Proclamazione dell’Anno Sacerdotale, 16/6/2009.
22 GIOVANNI PAOLO II.
Op. cit., n.8, 13/3/2005.

(Rivista Araldi del Vangelo,Febbraio/2010, n. 82, p. 18 -23)

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