Mons. Rifan: “Continuiamo a combattere. La vittoria è certa!”

Mons. Rifan 1
Monsignor Fernando Arêas Rifan, ordinario dell’Amministrazione apostolica personale di San Giovanni Maria Vianney di Campos (Brasile), invitato a Roma in occasione dell’ultimo pellegrinaggio del popolo Summorum Pontificum, ha avuto il privilegio di celebrare la festa del Cristo Re sull’altare contenente le spoglie mortali di Santa Caterina da Siena. In quell’occasione il prelato brasiliano ha consegnato ai fedeli un sermone vigoroso che è stato particolarmente apprezzato. Nella prima parte , Monsignor Rifan ci ha ricordato che il nostro attaccamento alla liturgia tradizionale non è separabile dalla nostra professione di fede, e poi ci ha invitato ad essere pienamente fiduciosi nella vittoria finale di Nostro Signore Gesù Cristo sull’offensiva laicista, per quanto violenta e piena di odio.
OMELIA DI MONSIGNOR RIFAN PER LA MESSA DI CHIUSURA
DEL SECONDO PELLEGRINAGGIO “POPULUS SUMMORUM PONTIFICUM”
ROMA, 27 OTTOBRE 2013, FESTA DEL CRISTO RE
Carissimi sacerdoti, seminaristi, religiosi, fratelli e sorelle in Nostro Signore Gesù Cristo,permettetemi per cominciare di dare un saluto e ringraziare i padri domenicani di questa basilica per la loro accoglienza.Questa Santa Messa pontificale solenne celebra la fine del pellegrinaggio “Summorum Pontificum” dei cattolici legati alla forma tradizionale del rito romano, concessa finalmente a tutti dal Santo Padre Benedetto XVI con il Motu Proprio “Summorum Pontificum”.Siamo nell’Anno della Fede proclamato da Benedetto XVI e proseguito da Papa Francesco.
La nostra fede, com’è ben espresso nella lettera apostolica Porta Fidei, deve essere “professata, celebrata, vissuta e pregata”.

La Santa Messa, la celebrazione del sacrificio eucaristico, è una delle più importati professioni di fede. E se noi amiamo, se preferiamo, se conserviamo la Santa Messa nella forma tradizionale del rito romano, è perché questa è una vera e propria professione di fede dei dogmi eucaristici: il dogma della Messa come sacrificio, rinnovo incruento del sacrificio della Croce; il dogma della presenza reale; quello della transustanziazione dovuto alle parole del sacerdote che agisce in persona Christi capitis e non alla fede del popolo; e quello del sacerdozio “ministeriale” dei presbiteri e dei vescovi, distinto da quello comune dei fedeli. La nostra fedeltà alla Santa Messa nella forma tradizionale del rito romano è dettata dalla nostra fede. E’ questa professione di fede, professata e celebrata attraverso la Messa tradizionale, che noi offriamo al Santo Padre come prova della nostra fedeltà alla Santa Chiesa.

Inoltre, la Santa Messa tradizionale è un importantissimo contributo per la Nuova Evangelizzazione. Perché è una chiara espressione liturgica dei dogmi eucaristici; perché manifesta perfettamente la dignità del sacro attraverso la ricchezza, la nobiltà e la solennità delle sue cerimonie; per il senso del mistero che comunica; ed infine, perché è uno dei tesori liturgici cattolici attraverso il quale affermiamo il nostro amore per la Santa Chiesa e la nostra comunione con essa.

Che il Santo Padre riconosca, nella nostra forma liturgica, l’espressione della nostra piena comunione con lui e con la Chiesa.

Oggi celebriamo la bellissima festa del Cristo Re. Questa festa fu istituita dal papa Pio IX in risposta al laicismo che regnava all’epoca e che fa tanti danni oggi. “…Mentre indagavamo le cause precipue di quelle calamità da cui vedevamo oppresso e angustiato il genere umano — ricordiamo d’aver chiaramente espresso non solo che tanta colluvie di mali imperversava nel mondo perché la maggior parte degli uomini avevano allontanato Gesù Cristo e la sua santa legge dalla pratica della loro vita, dalla famiglia e dalla società, ma altresì che mai poteva esservi speranza di pace duratura fra i popoli, finché gli individui e le nazioni avessero negato e da loro rigettato l’impero di Cristo Salvatore. ” (Enciclica Quas Primas, 1)

E’ per combattere questi mali che il papa istituì una festa speciale di Gesù Cristo Re.

“Ora, se comandiamo che Cristo Re venga venerato da tutti i cattolici del mondo, con ciò Noi provvederemo alle necessità dei tempi presenti, apportando un rimedio efficacissimo a quella peste che pervade l’umana società.” “La peste della età nostra è il così detto laicismo coi suoi errori e i suoi empi incentivi; e voi sapete, o Venerabili Fratelli, che tale empietà non maturò in un solo giorno ma da gran tempo covava nelle viscere della società. Infatti si cominciò a negare l’impero di Cristo su tutte le genti; si negò alla Chiesa il diritto — che scaturisce dal diritto di Gesù Cristo — di ammaestrare, cioè, le genti, di far leggi, di governare i popoli per condurli alla eterna felicità. E a poco a poco la religione cristiana fu uguagliata con altre religioni false e indecorosamente abbassata al livello di queste; quindi la si sottomise al potere civile e fu lasciata quasi all’arbitrio dei principi e dei magistrati. Si andò più innanzi ancora: vi furono di quelli che pensarono di sostituire alla religione di Cristo un certo sentimento religioso naturale. Né mancarono Stati i quali opinarono di poter fare a meno di Dio, riposero la loro religione nell’irreligione e nel disprezzo di Dio stesso .” (Enciclica Quas Primas, 18)

Per ben comprendere chi sia l’attuale nemico della civilizzazione cristiana, ci sono queste parole di Pio XII: “Oh, non chiedeteCi qual è il « nemico », né quali vesti indossi. Esso si trova dappertutto e in mezzo a tutti; sa essere violento e subdolo. In questi ultimi secoli ha tentato di operare la disgregazione intellettuale, morale, sociale dell’unità nell’organismo misterioso di Cristo. Ha voluto la natura senza la grazia; la ragione senza la fede; la libertà senza l’autorità; talvolta l’autorità senza la libertà. È un « nemico » divenuto sempre più concreto, con una spregiudicatezza che lascia ancora attoniti: Cristo sì, Chiesa no. Poi: Dio sì, Cristo no. Finalmente il grido empio : Dio è morto; anzi : Dio non è mai stato. Ed ecco il tentativo di edificare la struttura del mondo sopra fondamenti che Noi non esitiamo ad additare come principali responsabili della minaccia che incombe sulla umanità: un’economia senza Dio, un diritto senza Dio, una politica senza Dio. Il « nemico » si è adoperato e si adopera perché Cristo sia un estraneo nelle Università, nella scuola, nella famiglia, nell’amministrazione della giustizia, nell’attività legislativa, nel consesso delle nazioni, là ove si determina la pace o la guerra.” (Discorso agli uomini dell’Azione Cattolica, 12 ottobre 1952)

Ma, coraggio! La vittoria del Bene è certa, la vittoria di Cristo e della Chiesa.

A Piazza San Pietro c’è un obelisco egizio che anticamente era collocato sulla spina del circo di Nerone ed era simbolo della vittoria sui cristiani perseguitati e morti in quel luogo, a cominciare da San Pietro. Oggi il circo di Nerone non esiste più. Al suo posto si eleva la magnifica basilica di San Pietro, e, se l’obelisco si trova ancora lì, esso reca ormai l’iscrizione “Christus vincit, Christus regnat, Christus imperat!”. Cristo vince, Cristo regna, Cristo impera. La vittoria finale!

E questo è vero anche per la Chiesa. Celebriamo questa Messa nella bellissima basilica di Santa Maria sopra la Minerva, che vuol dire che qui, sotto di noi, si trova il tempio della dea Minerva. Oggi questa basilica è dedicata alla Madonna. E’ la vittoria della Santa Vergine Maria su Minerva, di Cristo e della Chiesa sul paganesimo.

Fiduciosi nella protezione della nostra Santissima Madre, continuiamo a combattere. La vittoria è certa. Christus vincit, Christus regnat, Christus imperat! Così sia.

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