POPULUS SUMMORUM PONTIFICUM: intervista a Guillaume Ferluc, segretario generale del C.I.S.P.

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Intervista a Guillaume Ferluc, segretario del Coetus Internationalis Summorum Pontificum, promotore del secondo pellegrinaggio Summorum Pontificum.

Dopo il successo a sorpresa dell’anno scorso, il popolo del Summorum Pontificum è in piena effervescenza per il nuovo pellegrinaggio che si svolgerà a Roma, dal 24 al 27 ottobre. Vi proponiamo questa settimana le parti più interessanti dell’intervista rilasciata dal segretario generale del pellegrinaggio alla rivista americana The Remnant, a conclusione della quale pubblichiamo un vademecum del pellegrino.

1) A che punto siete con l’organizzazione?

CISP: Abbiamo appena completato la stesura del programma con l’annuncio del celebrante della messa pontificale in San Pietro, sabato 26 ottobre alle 11: il cardinale Darìo Castrillón Hoyos che festeggerà proprio quel giorno il 61esimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale. La presenza del card. Castrillón Hoyos in un tale giorno è una grande gioia ed un onore per tutto il popolo Summorum Pontificum. In veste di presidente della Commissione Ecclesia Dei, il Cardinale non si è risparmiato per i diritti dei fedeli e dei sacerdoti legati alla liturgia tradizionale ed ha accompagnato con grande entusiasmo e lealtà la promulgazione del motu proprio voluto da Papa Benedetto XVI. 
Come prima cosa, riguardo alla dinamica generale del pellegrinaggio, si può dire che quest’anno c’è una grande tranquillità nei confronti del Coetus da parte di tutti: pellegrini, religiosi e singoli istituti. L’anno scorso ad alcuni era parso che venissimo un po’ dal nulla per provare a rappresentare una nuova realtà, così, anche appartenendo alla stessa famiglia tradizionale, erano rimasti sorpresi. Lo stupore è stato anche forse dovuto al fatto che noi stessi non eravamo stati capaci di comunicare la nostra iniziativa efficacemente. Inoltre c’era stato poco tempo per preparare il pellegrinaggio. Quest’anno c’è una maggiore apertura da parte di tutti, almeno di tutti coloro che ritengono importante testimoniare la nostra fede cattolica, apostolica e romana – romana nel senso di manifestarla anche “ad Petri sedem, cum Petro et sub Petro”. Ovviamente ci sono anche delle resistenze, in particolare da parte di quegli ecclesiastici che vorrebbero approfittare della rinuncia di Benedetto XVI per rimandare la messa di San Pio V – mai abrogata! – nel dimenticatoio.

2) Oltre a mons. Athanasius Schneider, avrete come altro celebrante mons. Rifan, ordinario dell’Amministrazione apostolica San Giovanni Maria Vianney di Campos, nel Brasile: perché questa scelta? 

CISP: Vediamo in mons. Rifan una realtà che vorremmo maggiormente presente nella Chiesa, ossia un vescovo che ha come missione celebrare, insegnare, custodire la liturgia tradizionale della Chiesa e anche la facoltà e il dovere di ordinare preti secondo e per la forma straordinaria del rito romano. Per poter portare avanti la nostra pratica religiosa, poter andare a messa col rito tradizionale nelle nostre parrocchie, ci servono preti e dunque seminari che li formino e, di conseguenza, vescovi che li possano ordinare: siccome mons. Rifan è finora l’unico vescovo il cui impegno pastorale è proprio questo, ci sembrava ovvio averlo con noi.
Inoltre, posso dire che ci sono giunte ottime testimonianze delle recenti giornate mondiali della gioventù a Rio de Janeiro, dove mons. Rifan è stato incaricato della catechesi per i giovani di Juventutem, gruppo che basa il suo apostolato sulla liturgia tradizionale. La chiesa era gremitissima, i pontificali molto degni e le prediche sono state apprezzate.
Chi avrebbe mai potuto pensare solo fino a poco tempo fa che in Brasile centinaia di ragazzi potessero seguire per tre giorni prediche, messe e confessarsi con preti legati alla tradizione della Chiesa? E tutto questo con l’imprimatur ufficiale della Chiesa apostolica romana? Certo qualcuno potrebbe obiettare che era solo un vescovo su 300, ma è già un traguardo importante; anche il luogo era molto suggestivo: la chiesa assegnata per questa catechesi era l’antica cattedrale di Rio de Janeiro, un posto quanto mai carico di storia e di fede delle passate generazioni e quindi simbolicamente molto importante e significativo.
Le GMG illustrano in particolare quanto la liturgia tradizionale attiri i giovani. Perciò non possiamo rimanere nel nostro fortino ma dobbiamo andare incontro a tutti coloro che cercano una maggior solennità e una maggior sacralità nella loro vita di fede.

3) A questo proposito, è notizia recente che addirittura nella cattedrale di Helsinki è stata istituita una messa in rito straordinario con cadenza regolare, cui partecipano normalmente un’ottantina di persone, un numero enorme se si pensa che su quasi 6 milioni di abitanti, i cattolici finlandesi sono circa lo 0,2 – 0,3%.

CISP: Un’altra prova a testimonianza della crescita della forma straordinaria del rito romano è che di anno in anno aumentano i novelli sacerdoti che scelgono di celebrare la loro prima messa nella forma straordinaria: non solo quelli degli istituti tradizionali legati all’Ecclesia Dei, ma anche quelli formati nei seminari diocesani. Ad esempio, nello scorso mese di giugno, per la prima volta in Croazia, un sacerdote diocesano dei dintorni di Zagabria ha scelto di celebrare la sua prima messa secondo il rito tradizionale. È un modo per tanti preti di affermare la loro appartenenza a quella che potremmo chiamare la “generazione Benedetto XVI”, così come si è parlato di una “generazione Giovanni Paolo II”. Questa generazione di papa Benedetto potremmo anche chiamarla “generazione Summorum Pontificum”.
Dall’anno prossimo poi i seminaristi che verranno ordinati saranno per la stragrande maggioranza giovani entrati in seminario successivamente alla promulgazione del Summorum Pontificum. E anche qui sono convinto che vedremo un’ulteriore crescita della liturgia tradizionale. Ovviamente speriamo che questi preti potranno avvalersi del diritto loro conferito di celebrare nelle loro parrocchie la messa secondo il messale del Beato Giovanni XXIII.
Vi è da aggiungere anche la bella scelta fatta da tanti sacerdoti ordinati dagli istituti dell’Ecclesia Dei di celebrare una prima messa nella loro parrocchia o diocesi di origine. Penso per esempio al novello sacerdote don Massimo Botta della Fraternità San Pietro che ha celebrato la sua prima messa il 23 giugno 2013 nella cattedrale di Velletri, riportandovi una liturgia non più celebrata da quarant’anni.

4) Quale potrebbero essere secondo lei le sfide per il mondo tradizionale rappresentate dal nuovo pontificato?

CISP: Noi siamo convinti che la storia della Chiesa non è finita nel 1962, così come non sia finita con il pontificato di papa Benedetto. Il nuovo pontificato di papa Francesco forse ci invita a una riflessione su quanto la liturgia e la tradizione della Chiesa non siano solo di un piccolo gruppo, di un’elite, come equivocato da molti.
Si potrebbe anche sostenere, seguendo l’appello di papa Francesco, che la liturgia tradizionale della Chiesa, con tutto il suo splendore che ci manifesta la presenza di Dio, è in realtà una liturgia che ci porta all’umiltà. Nella liturgia tradizionale, l’actuosa participatio dei fedeli è una partecipazione umile, fatta di silenzio, di adorazione, d’inginocchiarsi, di suppliche, di ringraziamenti: tanti atteggiamenti che non sono molto diversi dall’uomo in difficoltà che chiede aiuto, della persona che soffre. E non dimentichiamo che tra i grandi Santi sacerdoti tanti sono stati semplici parroci – diciamo – di campagna, nel senso che erano strettamente a contatto con le classi più umili della nazione, a cominciare dal santo Curato d’Ars, da don Orione o da Padre Pio. Comunque anche se questi Santi parroci davano la massima solennità alla liturgia, si trattava sempre di una liturgia che coinvolgeva tutti, dal contadino alla casalinga, persone che non avevano di certo studiato il latino alla Sorbona o in chissà quali altre scuole di grande cultura, ma che si sentivano parte integrante di questa liturgia e quindi di questo culto reso a Dio.
Infine, c’è un’altra sfida da raccogliere: smentire chi ritiene erroneamente che Papa Benedetto abbia fatto risorgere un morto e ci vorrebbe relegare non alle periferie della Chiesa ma addirittura fuori dalla Chiesa. Da 50 anni, i fedeli, i religiosi e i preti legati alla tradizione della Chiesa sono stati derisi, disprezzati ed emarginati. Il 7 luglio 2007, Papa Benedetto ha posto fine a questa situazione che ha turbato tante anime, ricucendo la tunica stracciata della Chiesa, la tunica stracciata di Cristo.
Tocca a noi rifiutare ogni nuovo strappo all’unità della Chiesa e farci valere come una delle pecorelle del gregge. Siamo ben consapevoli di non essere tutto il gregge e accettiamo volentieri di essere solo una pecorella su cento ma riteniamo di meritarci non minor cura e attenzione da parte dei nostri pastori di quanto ne godano le altre. Alcuni temono una presunta nostra ideologizzazione ma li posso subito rassicurare, non abbiamo altra “ideologia” che l’amore per Gesù Eucaristia, Crocefisso e Risorto.

5) Alcuni ritengono che il pellegrinaggio si sovrapponga ad altri eventi promossi da ambienti legati alla tradizione in quello stesso periodo. Che cosa ci può dire al riguardo?

CISP: Quando abbiamo deciso di riproporre un pellegrinaggio anche per quest’anno, ci siamo posti il problema della vicinanza di date con altri eventi della comunità tradizionale, come la biennale assemblea della Federazione Una Voce Internazionale, evento importante ma che coinvolge essenzialmente i responsabili dei vari capitoli dell’associazione sparsi nel mondo. Abbiamo chiesto alla FIUV se fosse opportuno operare insieme, ma hanno risposto – e si capisce bene – di avere un preciso ed intenso programma di lavoro e che non potevano inserire altri appuntamenti proprio nello stesso momento. Visto che da parte nostra volevamo essere in sintonia con la chiusura dell’Anno della Fede e che dovevamo tenere conto anche delle numerose attività previste dalla Santa Sede, abbiamo scelto di operare in maniera indipendente. Lo stesso problema si è posto anche con la fraternità S. Pietro, che a metà ottobre verrà a Roma per festeggiare il suo giubileo, a 25 anni dalla sua fondazione con il motu proprio Ecclesia Dei del 1988.
Poi non dobbiamo dimenticare che ci sono ancora problemi e resistenze, con tante persone ostili alla messa tradizionale e che vogliono ostacolarci: quindi, più iniziative ci sono, meglio è, poiché aumenta per così dire il peso della nostra presenza; ed inoltre, venendo in contatto per le esigenze organizzative, si potranno incontrare anche tante persone aperte e favorevoli. Se invece si fa sempre tutto insieme, si rischia di finire nella solita routine in una sorta di ghetto e non mi sembra il massimo dei risultati cui aspirare. Ora non dico che dobbiamo essere dei missionari, ma almeno dobbiamo farci conoscere e far conoscere la realtà che rappresentiamo e soprattutto la liturgia che è il collante che ci aggrega e ci dà coesione.

6) C’è un messaggio particolare che vorrebbe comunicare?

CISP: Vorrei semplicemente ricordare che un pellegrinaggio può essere visto sotto varie angolazioni. Innanzitutto è un’opportunità penitenziale, nel senso che in qualche modo costa fatica e sacrificio. Certo non è Compostella e quindi non c’è da camminare così tanto, però comunque questo pellegrinaggio, seppure in piccolo, comporta qualche fatica che può essere interpretata come una sorta di penitenza o fioretto da offrire al Signore.
In realtà, ciò che ci ha spinti a ripetere il pellegrinaggio a distanza di un anno, è stato il successo tanto sperato ma inatteso dell’anno scorso, perché tutti coloro che hanno partecipato sono ripartiti felici di aver preso parte ad una esperienza che si è rivelata spiritualmente proficua: sono tornati a casa portandosi un piccolo tesoro spirituale, che è ovviamente il frutto più importante del pellegrinaggio. E noi quest’anno vorremmo che si verificasse la stessa cosa: anche noi siamo chiamati a dare il nostro contributo alla nuova evangelizzazione con l’ausilio della sempre giovane tradizione liturgica; penso che per molti, questa delle celebrazioni e degli eventi legati al pellegrinaggio, potrebbe essere l’occasione per scoprire che cos’è la realtà del mondo della spiritualità tradizionale: e non parlo soltanto della liturgia ma anche dei fedeli che sono ad essa legati; infatti spesso le critiche rivolte al mondo tradizionale sono critiche rivolte agli stessi fedeli, dipinti come personaggi che pensano più a far politica che a pregare, e che, se poi veramente pregano, lo fanno indirizzando preghiere a tutt’altri scopi invece che alla propria santificazione, o che, ancora, sono soltanto un gruppo sociale attento soltanto ai propri interessi, che non sono certo in primo luogo spirituali, e via dicendo. Per tanti anni si è pensato che ci fossero solo i francesi ad essere tradizionalisti, poi, soltanto gli europei, e adesso si scopre, grazie al motu proprio Summorum Pontificum, che – dalle Filippine al Sudamerica, dall’Australia alla Finlandia, fino a Terranova – si tratta di una realtà universale. Niente di strano visto che il messale di San Pio V è stato il messale della Chiesa universale per secoli.
Dunque, venire a Roma per questo pellegrinaggio è l’occasione per chi non la conosce, di scoprire la liturgia tradizionale, ma forse anche l’occasione di incontrare i suoi fratelli in Cristo, e noi saremmo molto lieti di vedere persone che non sono quelle che normalmente vediamo alle nostre messe domenicali. Dobbiamo dire che noi soffriamo molto di questa idea di essere ghettizzati. Recentemente papa Francesco ha rivolto un invito a tutti i cattolici affinché si esaminino per vedere se sono chiusi e tristi, un atteggiamento questo che ha poco di cristiano; magari può anche capitare a volte a noi, fedeli tradizionali, di essere così nella nostra vita quotidiana, di avere un atteggiamento un po’ freddo e chiuso, ma spesso siamo stati anche spinti ad essere così, perché quando abbiamo bussato ad una porta all’interno della nostra madre Chiesa, il più delle volte ce l’hanno sbattuta in faccia.
Ecco quindi che ci farebbe piacere riuscire anche a farci conoscere meglio, perché la realtà della famiglia Summorum Pontificum è una realtà che sta evolvendo pian piano, con un’età media abbastanza giovane: la stragrande maggioranza delle persone che la compongono sono nate e cresciute nella fede e nella pratica religiosa dopo il Concilio, dunque spesso senza conoscere la liturgia tradizionale fino al 2007; alcuni di coloro che hanno fatto la scelta di aderire al Summorum Pontificum si stupiscono di ritrovarsi collocati un po’ alla periferia della Chiesa o delle loro parrocchie. Sarebbe bello – ripeto – che questo pellegrinaggio fosse anche un’occasione di incontro: come l’anno scorso il card. Comastri aveva spalancato le porte di San Pietro per noi, così sarà quest’anno; ma spero che sia anche un’opportunità per noi di portare più persone, tra le quali speriamo che tante reciteranno le loro preghiere in latino per la prima volta.

da piax-liturgique

POPULUS SUMMORUM PONTIFICUM: il C.I.S.P. scrive ai coetus fidelium

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A tutti i Coetus Fidelium che si avvalgono del Motu Proprio Summorum Pontificum di S.S. Benedetto XVI,

Gratia vobis et pax a Deo Patre nostro et Domino Iesu Christo!

Da giovedì 24 sino a domenica 27 ottobre si terrà a Roma il secondo Pellegrinaggio Internazionale del Populus Summorum Pontificum, il cui momento centrale sarà, nella mattinata di sabato 26 ottobre, la processione per le vie di Roma e la S. Messa pontificale in San Pietro celebrata dal Card. Dario Castrillon Hoyos.

Con il Pellegrinaggio ad Petri Sedem, il popolo Summorum Pontificum vuole mostrare la propria unità e la perseverante volontà di essere presente nella vita della Chiesa, per concorrere alla diffusione del dono della liturgia tradizionale, dischiuso a tutti i fedeli dalla lungimiranza di Benedetto XVI.

Nell’imminenza del Pellegrinaggio, il Coetus Internationalis Summorum Pontificum (CISP), che ne cura l’organizzazione, si rivolge a tutti i fedeli per chiedere il loro sostegno.

In primo luogo con la preghiera: invitiamo tutti i Coetus a voler recitare un S. Rosario  per il buon esito del Pellegrinaggio prima di una delle S. Messe che verrano celebrate da qui alla fine di ottobre.

In secondo luogo, promuovendo il pellegrinaggio, diffondendone il programma, e sottolineando l’importanza della cospicua presenza a Roma dei fedeli legati alla S. Messa tradizionale. Vi chiediamo di divulgare l’allegatovolantino, che potrete stampare o diffondere via e-mail, e che riassume tutto il programma delle imminenti giornate romane, con l’indicazione del sito web e della pagina facebook del Pellegrinaggio.

Infine, aiutandoci anche economicamente, secondo le Vostre possibilità. Il Pellegrinaggio ha dei costi organizzativi che ci siamo sforzati di contenereal massimo, e che sono completamente autofinanziati dai fedeli e dai gruppi partecipanti. Ogni offerta è benvenuta! Potete farci pervenire le vostredonazioni via paypal: troverete tutte le informazioni necessarie sulla pagina facebook ‘Populus SummorumPontificum’ come sul sito www.unacumpapanostro.com. Oppure contattateci rispondendo a questa e-mail, per definire le modalità di contribuzione che possano essere più comode per Voi.

Ma soprattutto lasciateci ripetere: non fateci mancare le Vostre preghiere e la vostra presenza!

Ci affidiamo fiduciosi alla protezione del Cuore Immacolato di Maria, e alla Sua potente intercessione.

In J et M
Abbé Claude Barthe, cappellano
Giuseppe Capoccia, delegato generale
Guillaume Ferluc, segretario generale

POPULUS SUMMORUM PONTIFICUM: il programma completo

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1 > Giovedì 24 ottobre, ore 19,15: Vespri pontificali di San Raffaele e accoglienza dei pellegrini alla Santissima Trinità dei Pellegrini

2 > Venerdì 25 ottobre, ore 9: Rosario (chiesa da precisare) seguito da visite culturali in gruppo o libere

3 > Venerdì 25 ottobre, ore 11,45: Incontro sacerdotale con Mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione (per sacerdoti e seminaristi: prenotare presso barthe.cisp@mail.com)

4 > Venerdì 25 ottobre, ore 16,45: Via Crucis sul colle Palatino (a cura dell’Opera Familia Christi), appuntamento sotto l’arco di Tito

5 > Venerdì 25 ottobre, ore 19: Messa pontificale alla Santissima Trinità dei Pellegrini, celebrata da Mons. Schneider, vescovo ausiliare di Astana, e cantata dalla Schola Sainte Cécile (Parigi)

6 > Sabato 26 ottobre mattina: Adorazione eucaristica alla Chiesa Nuova (Santa Maria in Vallicella) alle ore 9, seguita dalla processione verso San Pietro per il pontificale celebrato da Sua Eminenza, il cardinale Dario Castrillón Hoyos alle ore 11

7 > Domenica 27 ottobre, 9.30: Solennità di Cristo Re celebrata da Mons. Rifan, ordinario della diocesi personale di Campos, Basilica di Santa Maria sopra Minerva

(da confermare: Sabato 26 ottobre, ore 16: Incontro per i laici

da unacumpapanostro.com

Card. Castrillon Hoyos: il comunicato ufficiale del C.I.S.P.

His Eminence with Fr.Justin Nolan, FSSP

COMUNICATO DEL CŒTUS INTERNATIONALIS SUMMORUM PONTIFICUM

8 SETTEMBRE 2013, FESTA DELLA NATIVITÀ DELLA BEATA VERGINE MARIA

 

Il Card. Dario Castrillón Hoyos in San Pietro a Roma

con il popolo Summorum Pontificum

Il CISP è lietissimo di annunciare che sarà il Card. Dario Castrillón Hoyos a celebrare, nella Basilica di San Pietro, la Messa Pontificale di sabato 26 ottobre alle h. 11, nel corso del pellegrinaggio del popolo Summorum Pontificum a Roma.

La celebrazione del 26 ottobre darà ai sacerdoti secolari e regolari, ai seminaristi e ai fedeli del popolo Summorum Pontificum l’occasione di manifestare la loro riconoscenza e il loro affetto nei confronti del Card. Castrillón Hoyos per la vasta e fruttuosa attività che Egli ha svolto a servizio della Chiesa, in particolare in occasione della preparazione e della pubblicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum, di cui il Cardinale è il testimone storico e la memoria vivente.

Il CISP ringrazia ancor più vivamente Sua Eminenza per la sua disponibilità perché il 26 ottobre sarà il 61° anniversario della sua ordinazione sacerdotale, conferitagli a Roma il 26 ottobre 1952, nella Basilica dei Santi Apostoli. La Messa Pontificale di ringraziamento in San Pietro sarà uno dei momenti forti del Pellegrinaggio, nell’intero corso del quale potrà esprimersi l’eterna giovinezza della forma straordinaria del rito romano, con cui il popolo Summorum Pontificum intende contribuire allo slancio missionario della Nuova Evangelizzazione.

Anche in Croazia si ritorna alla S. Messa tradizionale

di Michele Poropat

Sancta Missa 25

La piccola chiesa di San Martino a Zagabria, a due passi dalla cattedrale, lo scorso 30 giugno è stata teatro di un avvenimento che non è eccessivo definire storico.

Per la prima volta in Croazia da quasi cinquant’anni a questa parte, un novello sacerdote diocesano ha celebrato la sua prima Messa nel Vetus Ordo, la forma liturgica in lingua latina promulgata nel 1962 dal Beato Giovanni XXIII, e liberalizzata dal Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI.

Il novello sacerdote si chiama Marko Tilošanec, proviene dalla Diocesi di Varaždin, nel nord-ovest della Croazia (circa 370.000 fedeli), ed è stato ordinato il 22 giugno dal vescovo locale Mons. Josip Mrzljak insieme con altri quattro diaconi. Il giorno dopo la sua ordinazione, il reverendo Tilošanec ha celebrato la sua prima Messa secondo il rito romano ordinario nel suo paese natale di Kotoriba, mentre la domenica successiva ha celebrato un’altra Prima Messa a Zagabria, questa volta nel rito tradizionale.

Nell’omelia di quest’ultima celebrazione il novello sacerdote ha affermato che “haec est dies quam fecit Dominus”, questo è un giorno fatto dal Signore, «giacché nei tempi turbolenti in cui si riteneva che la Santa Messa tradizionale in latino, la quale nella sua essenza risale ai primi secoli, non avesse diritto di cittadinanza nella Chiesa, un fatto del genere era del tutto impensabile». È un dono e una benedizione di Dio «che trascende ogni previsione e attesa umana, per la quale dobbiamo a Dio un grande ringraziamento»; allo stesso modo va ringraziato il «papa emerito Benedetto XVI, il quale ha meriti speciali per avere permesso un lento, ma stabile ritorno dell’antica liturgia nella vita della Chiesa».

In essa, ha proseguito il novello sacerdote, «troviamo la fede cattolica, pura e inalterata, nonché la liturgia della Chiesa nella sua bellezza e splendore. Qui si trova tutta la ricchezza di preghiera e di spiritualità che la Chiesa ha creato nel corso della sua storia, e per questo chiediamo di poter attingere da questa fonte perenne della grazia di Dio».

Il significato del sacerdozio e dell’Eucaristia viene spiegato richiamandosi alle parole dell’apostolo Paolo in Ebrei 5,1 e 5,4. Dio stesso, afferma il rev. Tilošanec, «unge il suo eletto, lo eleva a un grado di similitudine a se stesso, affinché egli sia mediatore tra Dio e gli uomini». La natura fondamentale del sacerdozio «viene a esprimersi in modo perfetto nella Messa tradizionale». Tutti i simboli e le cerimonie, che non sono solamente parte del rito romano, ma anche degli altri antichi riti della Chiesa, «sono derivati proprio dalla fede della Chiesa lungo i secoli che abbiamo ricevuto dagli apostoli e dallo stesso Cristo, e la liturgia rappresenta la migliore espressione di questa fede».

Proprio per questo motivo, nella Messa tradizionale «il sacerdote, uomo preso dal popolo, insieme al popolo si presenta nella stessa casa di Dio, la chiesa, ma è chiaramente separato da quel popolo affinché svolga il servizio affidatogli da Dio. Per questo motivo il sacerdote, come lo erano i ministri scelti nell’Antico Testamento, si trova in un luogo più elevato, separato, presso il grande altare che rappresenta la dimora di Dio, rivolto oppure diretto verso quello stesso altare – ad Dominum, verso il Signore. Proprio per questo vi sono preghiere che il sacerdote prega a voce bassa – poiché esse sono parte di quel mistero, del servizio divino; proprio per questo viene utilizzata la lingua latina, che è una lingua sacra, consacrata appunto al servizio divino, e per questo motivo abbiamo un Confiteor – la confessione dei peccati separata, così come anche un atto di comunione per il sacerdote e uno per il popolo, poiché egli non è solamente uno dei ministri preso dal popolo, bensì è stato scelto e unto da Dio, reso simile, anzi divenuto alter Christus“.

Il ministero svolto dal sacerdote è quello di «offrire doni e sacrifici per i peccati. Il dono di maggiore valore, e il più grande sacrificio che egli può offrire, è proprio la Santa Messa – il sacrificio incruento della Nuova Alleanza». Il senso della sua missione è espresso in modo solenne già «dalle prime parole pronunciate dal sacerdote: introibo ad altare Dei – mi accosterò all’altare di Dio». Le mani del sacerdote «vengono consacrate proprio perché possano toccare il Corpo di Cristo – distribuire questo dono divino ai fedeli e svolgere la propria opera al servizio di Dio per gli uomini».

La Santa Messa, ha proseguito il rev. Tilošanec, «è un’epifania – una manifestazione della gloria di Dio, come l’esperienza del roveto ardente che ebbe Mosè, e per incontrare Dio in modo degno, è necessario accostarsi a Lui con il cuore puro». Dal sacerdote ci si attende quindi «che a motivo della sua consacrazione, segua in modo eccezionale il suo Maestro, il Signore Gesù, nella sua vita e nel suo agire, e che si conformi costantemente al Suo esempio di santità. Per questo motivo mi raccomando nelle vostre preghiere … Preghiamo, cari fedeli, per i nostri sacerdoti, affinché nella fedeltà alla tradizione della Chiesa, la quale rappresenta l’unica garanzia del suo vero rinnovamento, siano veramente secondo il Cuore di Gesù, il cui amore essi accenderanno nel proprio agire».

Il celebrante ha incoraggiato i fedeli affinché, nonostante le prove che purtroppo talvolta vengono anche dall’interno della stessa Chiesa, essi trovino consolazione e incoraggiamento dalle grazie che rappresentano il frutto dell’atto di lode e di adorazione proprio del rito tradizionale della Santa Messa. Egli ha quindi affermato: «Facciamoci coraggio, affinché siamo pronti, come i martiri menzionati nel Canone, a dare anche la nostra vita per il nome di Cristo e la conservazione della liturgia tradizionale e della fede cattolica, giacché senza questa fede non vi è salvezza».

Questo giovane sacerdote, il cui motto è Ut in nomine Jesu omne genu flectatur (Affinché nel nome del Signore ogni ginocchio si pieghi) non è un caso raro nel panorama ecclesiale croato. Pur in presenza di una crescente spettacolarizzazione e di ‘creatività’ nella liturgia, con parti della stessa del tutto abolite per essere sostituite da canzonette spesso di origine protestante (è il caso del Gloria e dell’Agnus Dei), vi sono non pochi giovani sacerdoti che stanno riscoprendo la sacralità del servizio sacerdotale testimoniata anche dal segno esteriore dell’indossare la tonaca, che consacrano le loro parrocchie al Cuore Immacolato di Maria, che sentono la necessità di una liturgia più solenne che aiuti i fedeli a elevarsi e ad aprire il cuore alle grazie che vengono da una più intima unione con il Signore.

Così, mentre da una parte vi sono sacerdoti che introducono alcune discutibili trovate provenienti dal morente cattolicesimo occidentale post-conciliare – ad esempioobbligando i fedeli a ricevere la santa Comunione sulla mano e insegnando ai bambini che questo è l’unico modo di fare la Comunione, ve ne sono degli altri, che seguendo l’esempio di Papa Benedetto XVI, senza obbligo per alcuno, spronano i fedeli a mostrare una sempre maggiore riverenza e devozione verso la Santissima Eucaristia reintroducendo l’inginocchiatoio e proponendo la Comunione direttamente in bocca come modo migliore per aprire il cuore al mistero di Dio che si è fatto uomo e che si è fatto Pane di vita per unirsi in modo sensibile a noi.

Questo è ciò che del resto fa già da diversi anni anche il cardinal Ranjith, arcivescovo di Colombo nello Sri Lanka, il quale, seguendo l’esempio di Benedetto XVI, ha stabilito che nella sua Arcidiocesi i fedeli si accostino alla santa Comunione in ginocchio e la ricevano in bocca. Secondo il porporato è inoltre necessario da una parte favorire una sempre maggiore diffusione della Santa Messa tradizionale, e dall’altra purificare la Messa del Novus Ordo da tutti gli elementi spuri non previsti dal Concilio oppure del tutto contrari alle norme conciliari, quali la creatività liturgica, una musica non adatta al rito sacro, la spettacolarizzazione di stampo protestante e il ricevere la Comunione sulle mani.

Riferendosi al Vetus Ordo, Ranjith ritiene che esso rappresenti «in larga misura e nel modo più appagante quella chiamata mistica e trascendente a un incontro con Dio nella liturgia». Il porporato afferma che non è essenziale che l’intelletto comprenda le parole del rito, bensì che il cuore sia toccato dal Mistero e dalla grazia che emana dal Mistero medesimo, poiché solamente un più profondo contatto con Dio può nutrire l’anima e dare a essa le grazie delle quali essa ha bisogno

tratto da conciliovaticanosecondo.it

Nuove iniziative del Coordinamento Nazionale Summorum Pontificum a favore dei coetus fidelium

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Importante presa di posizione del Coordinamento Nazionale del Summorum Pontificum, in merito alla questione della sospensione delle S. Messe nella Forma Straordinaria del Rito Romano celebrate dai Frati Francescani dell’Immacolata. Dopo il primo comunicato stampa, ora un nuovo intervento, sempre a difesa dei “coetus fidelium” e del Motu Proprio “Summorum Pontificum”

In seguito alla vicenda del commissariamento dei Frati Francescani dell’Immacolata, il Coordinamento Nazionale del Summorum Pontificum si è attivato presso i suoi aderenti per monitorare la situazione di quei coetus fidelium che potessero in qualche modo risentirne della vicenda.

Questa Congregazione da anni assicura la regolarità della celebrazione nella forma straordinaria a molti fedeli. Un meritevole apostolato fondamentale per la vita spirituale ed ecclesiale di quanti hanno fatto la loro scelta liturgica secondo le opzioni proposte dal Magistero benedettiano.

Nel Decreto di commissariamento  improvvisamente si subordina la libera celebrazione dei riti nella forma straordinaria – concessi da S.S. Benedetto XVI nel Motu Proprio Summorum Pontificum del 2007 – ad un’autorizzazione esplicita da parte dei Superiori.

Questo provvedimento sappiamo potrebbe causare notevoli disagi a quei gruppi del Summorum Pontificum che avevano l’opportunità di appoggiarsi all’apostolato dei Francescani dell’Immacolata. In alcuni casi si è addirittura parlato di soppressione della celebrazione della S. Messa in EF.

Il Coordinamento ha già inoltrato ai Coordinatori regionali una bozza di lettera perchè venga diffusa agli interessati e che possa, in qualche modo, essere usata dai responsabili di coetus fidelium per sollecitare negli opportuni modi la richiesta di ripresa delle celebrazioni. Chi avesse necessità di averne copia può scrivere a info@summorumpontificum.org

A oggi sappiamo che alcune emergenze sono rientrate risolvendo la situazione direttamente con i Padri preposti alla celebrazione. Altre situazioni rimangono critiche a troveranno da parte del CNSP la massima attenzione e tutto il più fraterno sostegno. Segnalazioni epistolari e telefoniche ci sono giunte da tutta Italia, e anche altre organizzazioni nel mondo legate al Summorum Pontificum ci hanno dimostrato il loro sostegno e osservano con attenzione la vicenda.

E’ stato immediatamente aperto un fronte interlocutorio con le Autorità Vaticane competenti anche attraverso una formale segnalazione scritta nella quale abbiamo manifestato la nostra viva preoccupazione per le possibili conseguenze che possono ricadere sui fedeli.

Crediamo che l’attuale momento di riflessione chiesto alla Congregazione dei Frati Francescani dell’Immacolata sia l’occasione opportuna perché tutta quanta la Chiesa consapevolizzi maggiormente le scelte che essa stessa – nel Suo Capo visibile – fece sei anni fa.

La liturgia nella forma straordinaria è una risorsa – così ci è stato insegnato – ed é imprescindibile non solo per la nuova evangelizzazione ma la riforma stessa della Chiesa che è semper reformanda.

In vicende come queste, pertanto, dobbiamo tutti chinarci a riflettere sulla ricchezza di quel venerabile patrimonio liturgico che la mente di Papa Benedetto ha voluto dischiudere: chi lo comprende e anche chi non lo comprende.

Per gli uni si vedrà come tanta bellezza sia estremamente delicata e quindi meriti maggior impegno nella sua tutela. Per gli altri si vedrà che il Summorum Pontificum é segno profetico di pace. In entrambe in casi l’amore per quell’atto magisteriale é amore per la medesima unità che incarna.

Il Coordinamento non ha grandi mezzi ma sta lavorando perché la libertà di ogni fedele di aderire ad un preciso progetto di vita spirituale attraverso la liturgia venga salvaguardata. Solo in tal modo, come ricorda papa Francesco, saremo anche noi buoni servitori del “sentire cum Ecclesia”.

Certamente, questo “sentire cum” resta il punto di incontro cui tutti dobbiamo convergere e nessuno può dirsi arrivato.

tratto da www.summorumpontificum.org